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Educación y Educadores

versión impresa ISSN 0123-1294versión On-line ISSN 2027-5358

educ.educ. v.12 n.2 Chia jul./dic. 2009

 

TEORÍA DE LA EDUCACIÓN

Per una pedagogia dello sport: riflessioni dall'Italia

Por una pedagogía del deporte: reflexiones desde Italia

Towards Sports Education: Reflections from Italy

 

Cesare Scurati

Doctor en Pedagogía
Profesor, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milán, Italia
scurati@tiscalinet.it


Sintesi:

l'attuale immagine dello sport è fondamentalmente negativa. Nonostante però il legame fra educazione e sport si dovrebbe rafforzare, ma è necessario capire che non è una questione automatica bensì ipotetica e che va legata ai controlli pedagogici necessari. Ogni singola modalità di sport ha una propria perfezione e può contribuire allo sviluppo morale, sociale, intellettuale e estetico degli esseri umani. L'analisi prende in considerazione alcuni degli spazi in cui avviene lo sviluppo e sottolinea alcuni dei problemi più rilevanti (competizioni precoci, educazione vitalizia, impatto dei mass media, ecc.) che bisogna affrontare per poter stabilire un progresso più avanti.

Parole chiave: educazione fisica, sviluppo motorio, sport, pedagogia, formazione, competenze per la vita (Tesaurus Unesco).


Resumen

La actual imagen del deporte es fundamentalmente negativa. No obstante, la conexión entre educación y deporte debe reforzarse, pero es necesario que veamos que no es automática sino hipotética, y que debe conectarse con los controles pedagógicos necesarios. Cada forma de deporte tiene su propia perfección y puede contribuir al desarrollo moral, social, intelectual y estético de los seres humanos. El análisis considera algunos de los espacios donde este desarrollo se lleva a cabo y subraya algunos de los problemas más relevantes (competencias tempranas, educación vitalicia, impacto de los medios de comunicación, etc.) que hay que afrontar para poder establecer un progreso más adelante.

Palabras clave: educación física, desarrollo motor, deporte, pedagogía, formación, competencias para la vida (fuente: Tesauro de la Unesco).


Abstract

The current image of sports is fundamentally negative. However, the connection between education and sports should be reinforced, while recognizing it as being hypothetic rather than automatic, and subject to the necessary educational controls. Each sport has its own perfection and can contribute to the moral, social, intellectual and ethical development of human beings. The analysis considers some of the areas where that development occurs and underscores a few of the more relevant problems (early competition, education for life, impact of the mass media, etc.) to be addressed for the sake of establishing progress later on.

Key words: Physical education, motor development, sports, teaching, training, life skills (Source: UNESCO Thesaurus).


L'analisi dei valori pedagogici dello sport è collegata, di solito, ad inutili proclamazioni retoriche oppure a presupposti negativi. In realtà, crediamo che il legame fra sport ed edu-cazionesia un legame possibile oltre che necessario; non per questo automaticamente certo: anch'esso, infatti, non può che essere il risultato di un'intenzione formativa, di un progetto rea-lizzativo e di una consapevolezza critica, per la quale sono indispensabili alcune condizioni di 'controllo' finalizzato e specifico.

Posizioni

Una valutazione equilibrata deve cominciare, innanzitutto, col sapersi distanziare dalle facili posizioni negativiste o riduttiviste di questo tipo: - lo sport rientra nei processi di alienazione sociale e di mistificazione dei rapporti di potere e di sfruttamento intrinseci al modo attuale di vivere (Redeker,2003); - lo sport è un' attività priva di contenuti mentali reali, una pura esaltazione fine a se stessa, una sorta di «energia spesa» che «non lascia alcun residuo positivo» (Feibleman,1987); - il suo recupero all'educativo è possibile soltanto mediante l'eliminazione di quei caratteri (agonismo, spettacolarità, professionismo) che lo allontanano dal modello ideale del gioco1 (cioè la competizione senza risultato, l'indifferenza per il rendimento e la riduzione al massimo dell'attenzione tecnica, ecc).

In tal modo, parlare di sport educativo sarebbe un esercizio del tutto inutile oppure esso andrebbe semplicemente eliminato dall'economia mentale delle persone o, ancora per renderlo in qualche modo educativo occorrerebbe togliergli proprio le sue connotazioni specifiche.

Noi sosteniamo, invece, l'idea di 'educare nello sport con lo sport' ed il principio per cui ciascuna forma di sport contiene la sua intrinseca perfezione e può quindi contribuire alla costruzione formativa della personalità individuale e collettiva del soggetto umano. Pertanto, è indispensabile collocare l'educazione sportiva in un ampio orizzonte, nel quale ad ognuna delle espressioni dello sport deve essere consentito di realizzare i suoi propri e specifici valori.

In un quadro sinteticamente riassuntivo, avremo:

La proposta fondamentale suggerisce quindi di accettare lo sport nell'integra lità delle sue forme ed espressioni culturali e di collegare ciascuna di esse con i processi di interiorizzazione (i modi di sviluppo della mente riflessiva) che consentono di dar senso alle attività dell'uomo sul piano sociale, morale, intellettuale ed estetico in un quadro di piena 'normalità' educativa. Non ci paiono persuasive, infatti, le posizioni secondo le quali abbiamo a che fare con uno sport 'buono' e con uno 'cattivo', per cui le varie forme di sport vengono collocate su versanti reciprocamente incompatibili - lo sport dilettantistico contro quello professionistico oppure quello di vertice contro quello di base, e via dicendo. In realtà, il valore positivo o negativo di una pratica sportiva dipende dal contesto di senso e dall'elaborazione personale di significato che l'accompagnano. Quello che conta, insomma, non sono le dimensioni esteriori ma la qualità profonda dell'esperienza, lo stile complessivo, la coerenza fra le intenzioni e le azioni, il senso globale delle iniziative ed il livello relazionale dell'organizzazione. In ogni tipo di sport, dunque, c'è la possibilità di valore così come il rischio di decadenza e di depotenziamento.

Soltanto a questa condizione, infatti, è possibile continuare a ritenere fondate le affermazioni secondo le quali «sebbene uno sport possa essere considerato come una pratica particolare caratterizzata dalle sue regole, esso non si avvale di mezzi separati dalla vita quotidiana o dai valori morali»; infatti, «il carattere morale è sviluppato nello sport, come in altre sfere della vita, nella misura in cui alcune qualità umane come la lealtà, il coraggio, la determinazione, vengono stimolate e finalizzate a sostenere azioni corrette e giuste nell'interesse di tutti». Quindi, «lo sport, se considerato e insegnato come attività socialmente costituita, collegata con la lealtà, fornisce un contesto di comportamento eticamente fondato, nel quale alcune qualità del carattere non solo sono rafforzate, ma anche collegate con le migliori tra dizioni nelle sue varie istanze».

Inoltre, «la formazione del carattere si collega all'autogoverno individuale del giocatore rispetto non solo a quello che egli sta per fare, ma anche alla determinazione di quello che egli dovrebbe fare in rapporto a ciò che è giusto». In definitiva, «lo sport...è fondamentalmente collegato con la sfera morale non meno che con quella razionale», per cui «almeno in quanto valorizza la promozione della competenza pratica e del comportamento morale, è educativo», collegan- dosi «con la persona nella sua globalità, nelle sue convinzioni e nel suo comporta- mento» (Arnold,2002). Di qui, ancora, la possibilità di una conferma delle più radicate qualità formative attribuite allo sport: recupero della ludicità; formazione allo sforzo (impegno per l'autoperfezionamento, orientamento all'autodisciplina), all'esperienza della provvisorietà del risultato (ricerca continua del superamento verso il meglio) ed all'autovalutazione (sviluppo del senso del limite, stimolazione delle capacità di autocritica, accettazione della sconfitta, rivelazione di tratti interiori della personalità); reazione ai fenomeni negativi dello sport di massa (studio critico dello sport nei suoi aspetti di comunicazione, linguaggio, spettacolo e professione). Su tutto domina comunque il tema della lealtà e del rispetto delle regole, che sfocia nella collaborazione sociale in senso altruistico come categoria dell'autentico spirito sportivo, caratterizzato - per rimanere con Arnold - «dall'empatia, dalla solidarietà, dall'interesse verso l'altro, considerando le sue condizioni di sofferenza, di fatica, di disagio o di dolore. Lo sportivo altruista non solo pensa ed è toccato dalla condizione dell'altro, ma agisce in modo tale da apportargli un qualche aiuto o conforto».

Spetta quindi allo sport il privilegio di poter includere nella sua 'forma' uma- nistica (il cui paradigma resta comunque racchiuso nell'ideale olimpico) il senso della competizione come collaborazione, del confronto come esercizio dell'a- mici-zia, della gara come reciprocità progettuale, della lotta come costruzione condi visa dell'eccellenza. In una parola, invece di venire apprezzato come una prepara- zione alla guerra o un sostituto di essa, lo sport va inteso come la più appropriata metafora ed il simbolo più espressivo della pace.

Controlli

Lo sport 'è' tutto questo in senso potenziale ma, perché lo sia nel concreto, è necessario operare un attento controllo: niente - abbiamo detto - è automaticamente garantito.

Vediamo allora alcuni aspetti di particolare rilievo.

A proposito di media - Non si può certamente sottostimare lo sport come esperienza veicolata dai media, con dominante riferimento alla televisione. La ricerca italiana si è resa presente in questo attraente campo con lavori di notevole portata indicativa.

Un'indagine promossa dalla Fondazione Agnelli ha tempestivamente denunciato le «condizioni di eccesso, di volgarità, di ricerca del successo, di superficialità», nonché il «comune e consensuale destino di sottomissione allo sponsor» (G. Bettetini, 1988) delle trasmissioni sportive in TV.

L'esplorazione favorita dalle Polisportive Giovanili Salesiane (F. Colombo, ecc., 1990) ) è arrivata, a sua volta, alla conclusione che «i media fmiscono per costituire una forma particolare di sport, proprio perché hanno un impatto sul sistema di fruizione degli sport stessi da parte del pubblico» che li incanala verso i sentieri dell'«informazione» e della «narrazione favolistica», entrambi funzionali ad una «macchina spettacolare» che finisce col distruggere l'esistenza stessa di un vero e proprio sport extramediale (naturale, spontaneo, disinteressato). Non meraviglia, allora, l'affermazione per cui «l'educazione sportiva non passa dai media; almeno, non più di quanto si possa insegnare il mestiere a un futuro calzolaio leggendogli la favola di Cenerentola». Più che con lo sport abbiamo a che fare, quindi, con 'racconti di sport' che si sostengono fra loro nella costruzione di una realtà esclusivamente funzionale alle regole del discorso mediatico in quanto tale.

La reazione pedagogica ha di fronte, allora, due precise piste da battere: a) - convincere a ridurre il consumo mediale a vantaggio dell'esperienza diretta; b) - svi luppare una forte abilità di lettura critica dei messaggi e delle rappresentazioni mediali.

A proposito di professionismo precoce - Si tratta di una questione che va inquadrata nel più generale problema dell''espropriazione dell'infanzia' in nome delle accelerazioni riguardanti in particolare gli apprendimenti scolastici ed i rendimenti sportivi.

In linea assolutamente negativa, l'assunzione precoce di responsabilità sportive di alto livello si correla ad una pericolosa crisi nella conquista dell'identità e dell'emancipazione personale, in quanto si anticipano situazioni adulte e viene a mancare l'esperienza degli appoggi necessari per sapersi adattare senza paura a situazioni nuove; cadono, cioè, la protezione che deriva dall'irresponsabilità e la sicurezza che proviene dalla dipendenza, per cui non si riesce ad approfittare sufficientemente dei vantaggi dell'immaturità (l'accompagnamento, l'esempio e la protezione dell'adulto) e si arriva, di conseguenza, ad una falsa maturità che «si costruisce sopra una imitazione ottenuta assimilandosi troppo facilmente all'adulto». Il passaggio brutale dalla pratica ludica all'esperienza di responsabilità professionali di alto profilo conduce ad una maturazione prematura e priva di motivazioni autonome, che fa perdere ai ragazzi «la loro più grande occasione, cioè la libertà di avere delle idee e di foggiare il loro proprio destino» (Lollini,1990).

L'intervento pedagogico può venire strutturato in base a due osservazioni, secondo le quali l'impegno agonistico ad alto livello in età precoce appare comunque gravemente controindicato sul piano della maturazione personale generale, mentre l'accompagnamento del bambino nei suoi leciti impegni sportivi deve tenere sempre conto della necessità di adeguarsi ai suoi naturali e spontanei modi di viverli e di elaborarli (meglio - per dire -giocare spesso in una squadra che qualche volta perde piuttosto che fare sempre la riserva in una che vince). Nel primo caso, quindi, abbiamo le conseguenze negative di una figura di adulto che viene imitata troppo presto mentre, nel secondo, risuona l'avvertenza a non sostituire l'ottica dell'adulto (vincere) a quella del bambino (partecipare).

A proposito di scuola - Deve essere assolutamente chiaro che alla scuola non spettano compiti di individuazione, selezione e reclutamento dei talenti sportivi di probabile futura eccellenza e che occorre badare attentamente a non aggravare la situazione di sovraccarico funzionale di cui essa è già insopportabilmente oberata.

Nella nostra prospettiva, si impongono senza incertezze due no. Il primo va detto a chi tende ad inglobare nel contenitore scolastico tutte le possibili opportunità educative, togliendo spazio alle espressioni culturali e comunitarie che intendono esercitare un ruolo ed una presenza nella realtà educativa sociale; il secondo va a chi vede la scuola come un invitante spazio aperto ad essere conquistato dalle varie forze che fanno leva sul loro specialismo tecnico e sulla loro efficienza organizzativa. A questo proposito, vorremmo far presenti almeno alcune controindicazioni: innanzitutto, si incentiva una lettura puramente strumentale della scuola, che diventa un puro e semplice contenitore burocratico di molteplici possibili interventi sui soggetti; secondariamente, nei curricoli scolastici si produce un effetto di vera e propria marginalizzazione delle attività fisico-motorie, che vengono confinate in momenti decontestualizzati rispetto al nucleo portante dell'attività e della relazione formativa.

L'unica soluzione pedagogicamente giustificabile consiste in un sistema articolato e coerente di educazione fisico-sportiva, da concepire ed attuare secondo un disegno di pedagogia sociale, al cui interno è possibile elaborare una corretta pedagogia scolastica dello sport, una rinnovata visione dell'educazione extrascolastica ed una considerazione attivamente produttiva dei loro rapporti e delle loro interazioni. In questo quadro, spetta alla scuola riprendere dal mondo dello sport gli elementi essenziali dell'esperienza, della pratica, della competenza specifica e, soprattutto, della rispondenza psicologica, mentre il mondo dello sport dovrà recuperare dalla scuola il senso del servizio educativo e dell'approfondimento culturale, contribuendo a fare dello sport stesso un elemento naturalmente incluso nel processo di crescita personale e di sviluppo dell'intelligenza critico-costruttiva del soggetto.

Le parole d'ordine di questo itinerario si chiamano multidimensionalità, fun- zionalità, produttività, espressività, socialità, attività e riflessione.

Prospettive di approfondimento

Concludiamo la nostra esposizione sottolineando l'importanza di una pedagogia dell'attività motoria, richiamando l'importanza della formazione degli adulti e presentando alcune nuove esperienze di formazione connesse all'attività sportiva.

Pedagogia del movimento - La concezione pedagogica generale dell'atto motorio si fonda sul primato dell'azione su quello della meccanicità, il che sta ad indicare che «una qualità motoria non si sviluppa se non attraverso e in vista di un'attività sportiva data o di un gruppo di attività affini», per cui il momento tecnico non può essere collocato per se stesso né perseguito come condizione iniziale. Nello stesso tempo, però, «gli sport non possono venire insegnati nella loro forma competitiva pura e devono subire un trattamento per diventare semplici e concreti»; vale a dire che essi entrano in un'area di 'riscrittura' in termini psicopedagogici, consistenti nell'esperienza dell'«opposizione» con un avversario, della «collaborazione» con dei partner e della «possibilità di scelta». Ne consegue, soprattutto, che ci si muove nell'ambito di una «pedagogia della scoperta» in cui la tecnica viene intesa non come «l'oggetto didattico primo, ma in qualche modo come il traguardo finale», poiché il punto di arrivo «non è più la conformità a una norma, ma un adattamento, una risposta personalizzata» conseguente ad una «situazione globale» nella quale il soggetto ha potuto «fare dei tentativi» in direzione della scoperta di una «soluzione motoria» via via più vicina alla «necessità dell'azione, vale a dire la tecnica» (Bonnet,1988).

Ne possiamo ricavare dei segnali di non trascurabile importanza, quali il recupero dell'agonismo come situazione in grado di fornire un senso globale ed un'occasione naturale all'esercizio motorio, il richiamo all'indispensabile clima psicologico di gioiosità e di soddisfazione, la possibilità di sviluppare sequenze motorie validamente produttive senza essere per questo astrattamente tecniche o meccanicisticamente condizionatorie, l'accettazione dell'idea di una progressione di fasi 'non specifiche' e 'semispecifiche' nell'avviamento allo sport e l'eliminazione degli approcci manipolativi, ripetitivi e precocemente specialistici.

L'idea del 'giocosport' può rappresentare, in ultima analisi, una non immotivata raffigurazione riassuntiva.

Formazione permanente - Se lo sport educativo è praticato in larga prevalenza dai giovani, esso risulta ideato, diretto, promosso ed organizzato dagli adulti, i quali, a loro volta, non costituiscono certo un insignificante elemento problematico del quadro. Si tratta infatti, in molti casi, di passare da una situazione in cui è l'adulto stesso a rappresentare un elemento di difficoltà ad una nella quale egli si pone come una vera e propria risorsa. Il messaggio consiste nel far presente che l'organizzazione pedagogica dello sport deve affrontare anche una prospettiva di formazione nei confronti degli adulti.

Questa azione può essere favorita dall'identificazione il più possibile puntuale dei campi nei quali la loro presenza appare più direttamente ed immediatamente rilevante, vale a dire la motivazione e la qualificazione dei contesti.

E' evidente, infatti, che l'adulto significativo (genitore, organizzatore, allenatore, accompagnatore, dirigente) orienta e controlla gran parte della struttura motivazionale con cui i giovani si accostano all'attività sportiva; inoltre, la variabile più importante del contesto in cui avviene la formazione allo sport e mediante lo sport sono gli adulti. In entrambi i casi, sono possibili delle importanti deformazioni, come l'esasperata ambizione di successo, il desiderio di rivalersi delle proprie frustrazioni, il sovvertimento della scala morale dei valori, l'alterazione dell' approccio naturalmente ludico all'attività e la ricerca mascherata di protagonismo; inoltre, occorre badare al ruolo degli adulti nella costruzione dell'evento sportivo come spettacolo, in cui è frequente notare che essi tendono a riportare anche nel contesto dello sport amatoriale-educativo le stesse modalità negative presenti nello sport professionistico di alta performance (tifo da stadio).

Ne viene, allora, la necessità di prevedere azioni formative ben finalizzate:

educare alla domanda: diffondere la cultura critica dello sport nella prepara- zione generale di base, affermando nella cultura popolare le capacità fondamentali di 'lettura' estetica ed espressiva degli eventi agonistici;

educare informalmente: riflettere di più sulle potenzialità dell'educazione informale, evitando di continuare a concentrare l'attesa formativa sulle modalità frontali e trasmissive di conoscenza intellettuale;

educare dall'interno: pensare a grandi strategie ed a grandi linguaggi, uscendo dagli approcci pedanteschi e sostanzialmente moralistici - è lo sport stesso che può presentare un volto educativo in quanto tale;

• educare al segno rappresentativo: preparare a sapere, a vedere, a giudicare ed a ragionare di sport non è una perdita di tempo ma un contenuto del tutto attendibile di cultura. Esempi di responsabilità - L'immagine diffusa di un mondo poco disposto a produrre dal proprio interno significativi movimenti di autocritica e ad elaborare iniziative di miglioramento può essere oggi corretta da alcune informazioni di genere più incoraggiante, che riprendiamo a titolo di esempio: - Il Congresso Mondiale 'Sport for All' (Malesia, novembre 2008) ha indicato numerosi impegni per lo sviluppo di una politica pedagogica dello sport (educazione alimentare, fisica, motoria e sportiva per tutte le età e le condizioni di vita, costruzione di parchi-gioco e impianti polivalenti indoor e outdoor, sostegno economico allo sport per tutti e non soltanto a quello di alto livello); - Per reagire alla violenza degli stadi di calcio, il Centro Sportivo Italiano (organizzazione cattolica italiana di diffusione dello sport di base) ha promosso una campagna per riportare le famiglie ad assistere alle competizioni ed il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ha favorito la diffusione di slogan di pace contro gli slogan violenti dei supporter delle squadre; - Fabien Barthez, già portiere della nazionale francese di calcio, sostiene una 'scuola per giovani portieri' che si impegnano, oltre che nello sport, nello studio della filosofia per diventare «uomini che abbiano dei valori»; - E' stato lanciato in Europa il Progetto EISE-Excellence in Sport and Education, per la «creazione di antidoti sociali ai guasti di un professionismo sportivo povero di valore e di valori», basato sulla «conciliazione dell'impegno richiesto dal professionismo sportivo e da un'adeguata formazione accademica, culturale e professionale» (Rinaldo, 2004), che propone «percorsi formativi per individui che scelgano la strada dello sport di vertice» e che si connette all'idea di una Certificazione Etica nello Sport (Biagi, 2008). E' sempre più evidente, quindi, che lo sport è un mondo della mente quanto del corpo: vuol dire che rappresenta una piena possibilità della persona di attraversare consapevolmente la propria e l'altrui esperienza.


1 E' interessante sapere che la Football Association inglese ha proposto di eliminare il risultato nelle competizioni di calcio per bambini e che si sono criticate alcune società che hanno approfittato della eccessiva superiorità per ottenere risultati umilianti per gli avversari. Da quanto diremo si vedrà che non siamo d'accordo con la prima proposta mentre concordiamo col secondo richiamo.


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Recibido: 2009-03-11
Aceptado: 2009-07-28

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