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Avances en Psicología Latinoamericana

Print version ISSN 1794-4724On-line version ISSN 2145-4515

Av. Psicol. Latinoam. vol.27 no.1 Bogotá Jan./Apr. 2009

 

Qualità della vita lavorativa e rischio di mobbing: l'effetto moderatore del clima sociale

Quality of the working life and risk of mobbing: the moderating effect of social climate

Dina Guglielmi, Chiara Panari e Marco Depolo*

* Dipartimento di Scienze dell'Educazione, Università di Bologna, Italia. Contatti: Marco Depolo. Dipartimento di Scienze dell'Educazione, Università di Bologna, Italia. E-mail: marco.depolo@unibo.it

Fecha de recepción: 16 de octubre de 2008
Fecha de aceptación: 26 de enero de 2009


Abstract

The aim of the present study is to identify the psychosocial factors that are more related to the risk of workplace bullying in the organizational contexts. According to the work environment hypothesis, job demands, job control, perception of equity and leadership have been considered. It has been hypothesized that all these variables influence directly negative acts and also their effects are moderated by perception of colleagues. In order to investigate these relationships, a self-report questionnaire has been administered to 148 participants who represented all the population of a structure of private health care. The main results showed that job demands and leadership are the organizational antecedents more related to workplace bullying. Furthermore, the perception of colleagues has a moderating effect especially between job characteristics, like job demand, and negative acts, while this effect is weaker between relational antecedent, as leadership, and bullying. The data seem to confirm that mobbing prevention can be implemented starting from the psychosocial work environment and management of relationships involving leader and colleagues.

Key words: work, psychosocial factors, mobbing, job demand, leadership.

Resumen

El objetivo del presente estudio es identificar cuáles son los factores psicosociales que se asocian a un mayor riesgo de acoso en los contextos laborales. En particular, en línea con la hipótesis situacional se tuvieron en cuenta la demanda laboral, el control, la percepción de equidad y el liderazgo. Específicamente se plantea una influencia directa de estos factores sobre las acciones negativas perpetradas en los lugares de trabajo y un efecto moderador de las percepciones de los colegas entre los factores considerados y el riesgo de acoso laboral. El estudio, llevado a cabo en una institución privada hospitalaria, incluyó la aplicación de un cuestionario de auto-reporte a todos los trabajadores de la organización (N = 148). Los resultados han evidenciado que son, sobre todo, la demanda laboral y el liderazgo los que influencian directamente las acciones negativas, mientras que el efecto es más débil entre los antecedentes de carácter más relacional, como el liderazgo, y el acoso laboral. Los datos confirman que la prevención del acoso laboral debe ser implementada a partir del ambiente psicosocial de trabajo y de la gestión de las relaciones que impliquen a los colegas y a los superiores.

Palabras clave: trabajo, factores psicosociales, acoso laboral, demanda laboral, liderazgo.


Introduzione

I cambiamenti che hanno interessato il mercato del lavoro e le organizzazioni negli ultimi decenni hanno avuto un impatto forte sulla qualità della vita lavorativa.

Questo ha portato ad un rinnovato interesse per gli studi relativi alla salute nei contesti di lavoro e, più in particolare, si è cercato di individuare i fattori organizzativi che possono essere considerati gli antecedenti del benessere organizzativo da un lato e di diverse forme di disagio dall'altro. Tra queste può essere inserito a pieno titolo il mobbing che ha assunto nell'ultimo decennio particolare interesse anche da parte della ricerca empirica. A fianco di numerosi studi che hanno esaminato la prevalenza e l'incidenza del mobbing, diversi lavori di ricerca hanno cercato di individuare i fattori personali e organizzativi associati al mobbing (Einarsen, Hoel, Zapf y Cooper, 2003; Neuman y Baron, 1996; Hoel y Salin 2003; Agervold y Mikkelsen, 2004; Agervold, 2007).

Nell'ultimo ventennio, a partire dagli studi pionieristici di Leyman (1992), si è assistito ad un crescente interesse nei confronti dei comportamenti negativi sul lavoro. Gli studi sul mobbing hanno trovato in un primo momento terreno fertile nel campo delle ricerche dei paesi scandinavi (Einarsen, Raknes y Matthiesen, 1994) ed in anni più recenti questa tematica è divenuta oggetto di interesse in altri paesi europei e negli Stati Uniti (Bjorkvist, 1994; Coyne, Seigne y Randall, 2000; Salin, 2001; Depolo, 2003; Hoel, Cooper y Faragher, 2001; Zapf, 1999, 2004).

Parlando di mobbing il dibattito è ancora aperto in riferimento a cosa lo caratterizza e cosa lo determina; è però possibile rintracciare un accordo sulla definizione: "mobbing sul lavoro significa molestare, offendere, escludere socialmente qualcuno o danneggiare negativamente gli incarichi lavorativi di una persona. Al fine di classificarlo come tale, nell'ambito di una data attività, interazione o processo, il mobbing si deve verificare ripetutamente e regolarmente (settimanalmente) e lungo un lasso di tempo (circa 6 mesi). Il mobbing è un processo in crescendo nel corso del quale la persona coinvolta arriva a trovarsi in una posizione di inferiorità e diventa il bersaglio di sistematiche azioni sociali negative. Un conflitto non può essere definito mobbing se è un episodio isolato o se le 2 controparti godono circa di eguale "forza" (Einarsen et al., 2003; p.15).

Una problematica aperta è quella relativa alla misura del mobbing (Depolo, Guglielmi y Mariani, 2008) perché, se da un lato è importante identificare in modo oggettivo il fenomeno, dall'altro lato il mobbing è il risultato di una costruzione sociale non sempre osservabile e pertanto ambiguo (Einarsen et al., 2003).

La maggior parte degli studi misura il mobbing ricorrendo a due metodi (Einarsen et al., 2003): l'esposizione percepita ai comportamenti di mobbing o la vittimizzazione percepita. Gli studi che misurano l'esposizione ai comportamenti di mobbing seguono un approccio sviluppato da Leymann (1996), in cui ai rispondenti è presentata una lista dettagliata di comportamenti mobbizzanti rispetto ai quali devono rispondere se sono stati subiti, per quanto tempo e da parte di chi. Questo metodo è considerato più oggettivo in quanto non richiede di etichettare l'esperienza come mobbing. Utilizzando la seconda modalità, invece, viene presentata una breve definizione di mobbing rispetto alla quale i rispondenti possono identificarsi e definire la loro esperienza come mobbing, seguono domande sulla frequenza e la durata dell'esposizione.

All'interno del primo filone, dentro cui si inserisce il presente lavoro, esistono diverse classificazioni sulle azioni negative tipiche del processo del mobbing. In particolare, questo studio fa riferimento a due delle 4 tipologie individuate da Einarsen y Raknes (1997) nella prima versione del NAQ. Lo strumento ha subito, infatti, alcune revisioni che hanno portato alla suddivisione dei comportamenti negativi in due categorie che identificano gli attacchi di natura personale e le azioni vessatorie legate ai compiti e al ruolo organizzativo più generale (Giorgi, Matthiesen y Einarsen, 2006).

Dato il dibattito presentato sulla misura, in questa indagine dove non siamo interessati a misurare l'incidenza e la prevalenza del mobbing, ma ad individuare gli antecedenti organizzativi, le azioni negative vengono considerate non tanto come misure oggettive del mobbing ma come indicatori di rischio del mobbing stesso.

Oltre ad essere considerati come segnali di rischio per la comparsa del mobbing, i comportamenti negativi rappresentano anche un sintomo di un cattivo funzionamento psicosociale delle organizzazioni. Non va infatti sottovalutato che sono messi in atto, accettati e resi possibili nell'ambito del contesto sociale generale all'interno del quale si verificano. Il mobbing deve quindi essere analizzato come un problema molto complesso e come la conseguenza di un'interazione tra le persone coinvolte e i fattori dell'ambiente (Neuman y Baron, 2003).

Partendo da questa premessa, questo lavoro si propone di individuare il ruolo che hanno le caratteristiche del lavoro (ad es. job demand) e le relazioni tra le persone nell'ambiente di lavoro (ad es. percezione dei colleghi) nel determinare e modulare la comparsa di azioni vessatorie manifestate nei contesti di lavoro.

Gli interessi verso la prevenzione di queste azioni vessatorie nel contesto di lavoro sono largamente motivati dal fatto che un crescente numero di studi ha messo in luce come questo fenomeno abbia conseguenze rilevanti sia sul benessere dei lavoratori sia sui contesti organizzativi. Ad esempio i conflitti interpersonali, se non adeguatamente gestiti, possono innescare il processo di mobbing e avere seri effetti sulla soddisfazione lavorativa e sul benessere della vittima; possono, inoltre, portare ad alti costi organizzativi, nei termini di aumento dell'assenteismo, alto turnover del personale, diminuzione del commitment e pubblicità negativa (Agervold y Mikkelsen, 2004). Per l'organizzazione e, più in generale per la società, il mobbing si associa a bassa produttività, pensionamento anticipato e alti costi legati alla salute (e.g., Ashforth, 1997; Einarsen y Raknes, 1997; Mikkelsen y Einarsen, 2001; Tepper, 2000).

Antecedenti organizzativi del mobbing

Diversi studi si sono occupati degli antecedenti del mobbing (Einarsen et al., 1994; Hoel et al., 2001; Hoel y Salin, 2003; Vartia, 1996; Zapf y Einarsen, 1995) e attualmente i modelli considerati più attendibili sono quelli che fanno riferimento a modelli multicausali che integrano fattori individuali, sociali e organizzativi (vedi ad esempio Zapf, 1999).

All'interno di questa prospettiva numerosi studi hanno cercato di esaminare il ruolo delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro in grado di favorire la comparsa di comportamenti vessatori. Le persone che sono state vittime di aggressioni valutano generalmente in modo più negativo le caratteristiche del proprio contesto lavorativo e gli ambienti di lavoro più ostili sono associati alle forme più gravi di mobbing (Zapf y Gross, 2001).

L'influenza dei fattori organizzativi nel verificarsi del mobbing è stata supportata da diversi studi (Hoel y Salin, 2003). Diverse caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono quindi essere considerati fattori che favoriscono il mobbing, tra cui la percezione di ingiustizia (Neuman y Baron, 2003), la rottura del contratto psicologico (Depolo, Guglielmi y Toderi, 2004) e un'eccessiva pressione lavorativa (Einarsen et al., 1994; Agervold y Mikkelsen, 2004). Dovere, infatti, fronteggiare una domanda percepita come irragionevole e delle carenze nell'organizzazione del lavoro (Leyman, 1996) può innescare conflitti interpersonali, sia con i superiori che con i colleghi, che hanno come esito possibile il processo di mobbing.

Una bassa soddisfazione rispetto alla leadership viene considerata come uno dei più importanti antecedenti organizzativi (Ashforth, 1994; Einarsen et al., 1994; Hoel et al., 2001) in grado di predire la messa in atto di azioni negative. In particolare gli studi si sono focalizzati sugli stili di leadership inadeguati (Vartia, 1996; Skogstad, Einarsen, Torsheim, Aasland y Hetland, 2007). Lo stile denominato come laissez-faire (Skogstad et al., 2007) può contribuire a creare un contesto fertile per la comparsa di alta conflittualità fra i colleghi. L'incapacità del superiore, inoltre, di riconoscere situazioni di disagio contribuisce indirettamente a veicolare la legittimità di certi comportamenti di prevaricazione fra colleghi. Anche uno stile troppo autoritario, che costruisce un clima di paura senza la possibilità di negoziazione e che è basato sulla sfiducia, si associa ad un alto rischio di mobbing (O'Moore, Seigne, McGuire y Smith,1998; Vartia, 1996).

Altri aspetti ritenuti fattori che favoriscono il mobbing sono i conflitti non riconosciuti o affrontati per tempo (O'Moore et al., 1998; Vartia, 1996), la competizione sul lavoro (per incarichi o avanzamenti di carriera) e la competizione per ottenere i favori del capo (Einasen, 2000; Zapf y Einarsen, 2005). Un contesto sociale di impresa sempre più competitivo genera, infatti, instabilità e pressione sul lavoro aumentando il rischio che compaiano comportamenti vessatori (Giorgi y Mayer, 2004).

Data la natura stessa del mobbing un ruolo rilevante è ricoperto dalle variabili di carattere relazionale, non solo come già citato nei confronti dei superiori ma anche dei colleghi e più in generale del gruppo di lavoro.

Secondo Zapf (1999), ad esempio, azioni di aggressione e di vessazione sistematica sono più probabili quando il clima è povero di sostegno sociale e quando nel gruppo di lavoro c'è un alto livello di frustrazione. Einarsen, Raknes y Matthiesen (1994), invece, associano gli episodi di mobbing a un ambiente di lavoro di bassa qualità e conflitti di ruolo crescenti, oltre ad insoddisfazione per la leadership sul lavoro e per il clima sociale.

Altri studi hanno mostrato che il supporto sociale, inteso nei termini di amicizia, confidenza, rispetto, accesso alle informazioni e aiuto nelle situazioni difficili, può ridurre lo stress, i problemi di salute e rinforzare le strategie di coping (Matthiesen et al., 2003). Il supporto sociale comprende anche sentimenti di appartenenza, l'essere accettati e apprezzati per le proprie abilità creando un clima di lavoro che motiva e coinvolge i singoli collaboratori e i gruppi di lavoro, permettendo di raggiungere gli obiettivi individuali e comuni.

La maggior parte delle vittime di mobbing percepisce il supporto sociale come totalmente assente nel proprio contesto lavorativo (Einarsen et al., 1996); tuttavia, quando questo avviene, la persona che offre un supporto alla vittima ha un ruolo decisivo nel favorire una strategia di fronteggiamento della situazione spesso caratterizzata da un sentimento di impotenza (Matthiesen et al., 2003). In questi casi, quindi, il supporto modera l'impatto delle azioni negative sulla vittima dandole la possibilità di reagire e di uscire dall'isolamento.

Nella maggior parte delle ricerche citate le variabili socio-relazionali sono state frequentemente considerate tra gli antecedenti del mobbing. Con il presente studio si intende, invece, verificare anche l'effetto moderatore delle relazioni con i colleghi rispetto alle caratteristiche organizzative.

Obiettivi

Il presente studio si inserisce nella prospettiva situazionistica degli studi sul mobbing e ha l'obiettivo di esaminare i fattori organizzativi che possono essere associati alla comparsa di azioni negative nei contesti di lavoro. In linea con gli studi che hanno visto i comportamenti negativi come sintomo di una disfunzione organizzativa e, quindi, fortemente correlati agli aspetti che caratterizzano il contesto lavorativo (Baron, Neuman y Geddes 1999; Bjorkvist, 1994; Einarsen, Raknes y Matthiesien, 1994; Zapf, 1999), questa ricerca si propone di verificare se domanda lavorativa, controllo, percezione di equità e leadership siano associati alle azioni vessatorie percepite nel proprio contesto di lavoro. In particolare, si ipotizza che:

H1a: La domanda e il controllo siano associati alla frequenza delle azioni negative messe in atto nel contesto di lavoro, ossia maggiore è la domanda e minore è la percezione di controllo maggiore sarà la frequenza di comportamenti vessatori percepiti.

H1b: Lo stile di leadership sia associato ai comportamenti negativi e, nello specifico, una leadership poco funzionale, basata su bassa soddisfazione dei lavoratori per le istruzioni, i feedback e il counselling ricevuto dai superiori, sia correlata a più alti livelli di azioni negative (Hoel et al., 2001; Einaresen et al., 2004; Einaresen, Aasland y Skogstad, 2007, Skogstad et al., 2007).

H1c: La mancanza di equità, ossia la percezione di un disequilibrio fra l'impegno svolto e la gratificazione ricevuta, sia associata ad una più alta frequenza di comportamenti vessatori percepiti.

Diversi fattori organizzativi riconosciuti in letteratura come antecedenti del mobbing fanno riferimento alle relazioni sociali con i colleghi che possono portare a conflitti (Einarsen et al., 1994; Zapf, 1999). Tali conflitti possono rappresentare il prerequisito di una situazione di mobbing (Einarsen et al., 1994 ; Hirigoyen, 1998), nel caso non venga gestita o bloccata per tempo da parte di un superiore.

Dato questo ruolo importante delle relazioni con i colleghi nel manifestarsi del mobbing intendiamo verificarne il loro effetto moderatore (Einarsen y Skogstad, 1996; Matthiesen et. al., 2003) nelle relazioni testate dalle ipotesi precedenti. Nello specifico intendiamo verificare se:

H2a: La domanda lavorativa determina una minore presenza di azioni negative, sia personali che legate al ruolo organizzativo, quando la percezione dei colleghi è positiva. Più in particolare, se la domanda è eccessiva ma questo avviene all'interno di un contesto dove c'è una buona collaborazione fra colleghi, le azioni vessatorie dovrebbero essere meno presenti.

H2b: Il controllo sul proprio lavoro sia associato ad una maggiore presenza di azioni negative, sia personali che legate al ruolo organizzativo, quando la percezione dei colleghi è negativa. Nello specifico, all'interno di un contesto organizzativo dove l'individuo ha poca influenza sulla propria situazione lavorativa, la percezione positiva dei colleghi può diminuire l'effetto della mancanza di controllo.

H2c: Uno stile di leadership inadeguata sia associato ad una più bassa frequenza di comportamenti vessatori, sia personali che legati al ruolo organizzativo, quando la percezione dei colleghi è positiva. In particolare, una leadership carente ha un minore effetto sulla comparsa di azioni negative se il gruppo dei colleghi è collaborativo nel raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

H2d: La mancanza di equità ha un minore effetto sulla comparsa di comportamenti negativi, sia personali che legati al ruolo organizzativo, quando la percezione dei colleghi è positiva. Quando vi è la mancanza di un equilibrio tra investimento nel proprio lavoro e percezione di gratificazione, i conflitti e le vessazioni dovrebbero essere meno presenti se vi è una un rapporto collaborativo e di rispetto fra i colleghi.

Partecipanti

La ricerca è stata condotta su tutti i dipendenti di una struttura ospedaliera privata di una regione del Nord Italia, prendendo in considerazione tutte le unità operative presenti.

I partecipanti alla ricerca sono stati 160 e di questi sono stati presi in considerazione 148 questionari poiché consegnati completi in ogni sua parte.

Per quanto riguarda la distribuzione sulla base del genere, il 78,4% dei soggetti è rappresentato da donne. Quasi la metà dei partecipanti (45,9%) si colloca nella fascia di età dai 30 ai 40 anni, mentre il 29,7% ha un'età che varia dai 40 ai 50 anni. Il 34,5% ha una anzianità di servizio minore di 5 anni mentre il 46% lavora nella struttura ospedaliera da 5 a 15 anni.

Gli intervistati fanno parte di diverse categorie professionali: infermiere professionale (27%), personale amministrativo (12,8%), tecnici sanitari e di riabilitazione (10,1%), medici (8,8%), psicologi, biologi, farmacisti e dietisti (5,4%) e altre figure professionali (19,6%).

La presente ricerca è stato condotta attraverso la somministrazione di un questionario, distribuito durante un'attività formativa, in cui era stato garantito il completo anonimato e il trattamento delle informazioni nel rispetto della privacy.

Strumento

È stato utilizzato un questionario self report suddiviso in due parti. La prima ha permesso di indagare la qualità della vita lavorativa e le variabili sociali e organizzative ad essa correlate; la seconda ha consentito di rilevare la frequenza di azioni negative nell'ambiente di lavoro.

Qualità della vita lavorativa. È stato utilizzato l'adattamento e l'integrazione di due strumenti, ossia il Psychosocial Work Environment and Stress Questionnaire (PWSQ) di Agervold e Mikkelsen (2004) e il Multidimensional Organizational Health Questionnaire (MOHQ) di Avallone e Pamplomatas (2005). Lo strumento ha permesso di rilevare la domanda (Es. I miei compiti lavorativi sono spesso difficili e pesanti) e il controllo (Es. Controllo da solo i ritmi del mio lavoro) e la percezione dei colleghi (Es. Anche tra colleghi ci si ascolta e si cerca di venire incontro alle reciproche esigenze). Gli item hanno previsto una modalità di risposta tipo Likert da 1 (= mai) a 5 (= spesso) nei primi due casi e da 1 (= decisamente no) a 4 (= decisamente sì) nel terzo caso.

Per misurare l' equità è stata, invece, utlizzata la scala di Van-Yperen, Hagendoorn e Geurtz (1996) (Es. Investo nel mio lavoro più di quanto ricevo in cambio) con modalità di risposta tipo Likert a 5 punti.

L'ultima variabile organizzativa esaminata è rappresentata dalla leadership che è stata operazionalizzata attraverso una dimensione dell'Organizational Checkup System (OCS) e fa riferimento allo stile di direzione del superiore (Es. Il mio superiore diretto delega adeguatamente le responsabilità). Anche in questo caso la modalità di risposta prevista va da da 1 (= mai) a 5 (= spesso).

Azioni negative. Per valutare le azioni negative è stato utilizzata una versione italiana del NAQ-R a 17 item (Giorgi, Matthiesen y Einarsen, 2006). Gli item del questionario prendono in esame i comportamenti negativi nei luoghi di lavoro. I soggetti possono indicare, attraverso una scala che va da 1 (mai) a 5 (sempre), quanto spesso subiscano azioni negative sul posto di lavoro. In questa sede si riportano i risultati inerenti i 17 item che costituiscono le due scale, Personal Bullying e Work Related Bullying. La prima scala (composta da 12 item) fa riferimento ad attacchi di natura personale ed è formata da item come "Vengono fatti commenti offensivi sulla sua persona o sulla sua vita privata" e "È oggetto di comportamenti intimidatori (ad es. invadono il suo spazio personale, le impediscono il passaggio, ecc.)". Il secondo costrutto prende in considerazione le azioni vessatorie legate ai compiti ed al ruolo organizzativo più in generale; la scala (composta da 4 item) presenta domande come: "Le vengono assegnati compiti con obiettivi o con scadenze irragionevoli o impossibili" e "È esposto ad un carico di lavoro impossibile da gestire".

Risultati

La tabella 1 mostra le statistiche descrittive (M e DS), le correlazioni fra le variabili prese in esame e la loro omogeneità interna indagata dall'alpha di Cronbach.

Tabella 1. Statistiche descrittive, Correlazioni e alpha di Cronbach delle variabili prese in esame

Come si può vedere dalla tabella 1, i punteggi medi relativi alle azioni negative risultano relativamente bassi, anche se è possibile notare una differenziazione fra la dimensione del Work related Bullying e quella del Personal Bullying. Più in dettaglio, i partecipanti alla ricerca affermano di subire, qualche volta, carichi ingestibili di lavoro, compiti con obiettivi e scadenze irragionevoli e situazioni nelle quali vengono trattenute informazioni necessarie o vengono tolte responsabilità cruciali. La media di questi comportamenti risulta maggiore rispetto agli attacchi subiti personalmente, quali comportamenti intimidatori, l'essere bersaglio di commenti offensivi e di collera o l'umiliazione rispetto a ciò che si fa nel contesto organizzativo. Il confronto delle distribuzioni relative alle due dimensioni conferma che la media delle azioni relative al Work Bullying è significativamente maggiore (t (147) =-9.66, p <.001) rispetto a quella degli attacchi personali.

La tabella 1 mostra anche le correlazioni fra le variabili prese in esame. È possibile notare che vi sono correlazioni fra gli antecedenti organizzativi considerati e le due delle tipologie di azioni negative prese in esame. Per quanto riguarda, invece, l'equità, sebbene questa risulti inversamente correlata al Work related Bullying, non è associata alle azioni negative riferite ad attacchi personali.

Se prendiamo in considerazione l'aspetto rilevante dello studio, che è quello della relazione fra pari, possiamo notare come la percezione positiva dei colleghi sia correlata in modo negativo con entrambe le dimensioni del mobbing.

La tabella 2 mostra l'analisi di regressione simultanea in cui gli antecedenti organizzativi sono stati inseriti nell'equazione utilizzando entrambe le dimensioni del bullying come criterio.

Tabella 2. Analisi di regressione lineare simultanea fra antecedenti organizzative e dimensioni del mobbing

Per quanto riguarda il Personal Bullying, solamente la domanda e leadership entrano nella retta di regressione e risultano essere predittori di queste azioni negative. Queste due variabili spiegano da sole il 32,5% della varianza del Personal Bullying.

Il Work related Bullying risulta, invece, essere associato alla leadership, alla domanda e al controllo, che complessivamente spiegano il 25,4% della varianza.

In generale, è possibile sottolineare che un carico eccessivo di lavoro e compiti troppo difficili sono associati ad una maggior presenza di azioni vessatorie legate al ruolo organizzativo sia di attacchi di natura personale, mentre la percezione di controllo sul proprio lavoro è in grado di predire solamente il Work related Bullying. L'ipotesi H1a risulta, dunque, confermata.

In accordo con la seconda ipotesi (H1b), invece, è stato rilevato che, in generale, uno stile di leadership funzionale è predittivo di una minore frequenza di atti di prevaricazione nel proprio contesto di lavoro. Il beta delle regressioni risulta negativo ed è molto elevato soprattutto per gli attacchi di carattere personale.

La percezione di equità non predice nessuna delle dimensioni del mobbing misurate e, di conseguenza, la terza ipotesi non risulta confermata (H1c).

Per testare l'effetto di moderazione della percezione dei colleghi sulle due dimensioni del mobbing sono state eseguite delle analisi di regressione multipla gerarchica per blocchi. I predittori e le due variabili sono state centrate per risolvere il possibile problema della multicollinearità (Cohen e Cohen, 1983). Nel primo blocco di ogni analisi di regressione è stata inserita la variabile predittrice e il moderatore mentre nel secondo blocco l'interazione fra la variabile indipendente e il moderatore. È stata, quindi, testata la moderazione della percezione dei colleghi fra tutti gli antecedenti organizzativi considerati, ossia domanda, controllo, leadership e equità, e le due dimensioni del mobbing, ossia Personal Bullying e Work related Bullying.

Nella tabella 3 vengono presentati gli effetti della moderazione della percezione dei colleghi dalla quale si può veder che l'incremento della varianza spiegata dall'interazione è significativa sia per la domanda (p <.005) che per l'equità (p <.05) sulla dimensione del personal Bullying ma non su quella del work bullying. Per quanto riguarda la leadership, l'effetto di interazione è significativo solamente quando il work related bullying è utilizzato come criterio.

Tabella 3. Effetti di moderazione della percezione dei colleghi fra gli antecedenti organizzativi e le due dimensioni del bullying (incremento di R quadrato)

La quinta ipotesi (H2b) relativa all'effetto di interazione fra la percezione dei colleghi e il controllo non è stata dunque confermata.

È interessante notare come la variabile dell'equità, che non risultava essere in alcun modo associata con la variabile dipendente, mostra invece di essere in grado di predire il mobbing a seconda dei livelli della percezione dei colleghi.

Questi risultati confermano le ipotesi H2a, H2c e H2d anche se l'interazione è significativa solo per una delle dimensioni considerate.

Gli effetti di interazione fra la percezione dei colleghi e la domanda e l'equità, con il personal bullying come criterio, sono presentati, rispettivamente, nelle figure 1 e 2.

Gli effetti dell'interazione fra la percezione dei colleghi e la leadership sulle azioni vessatorie legate al ruolo organizzativo sono rappresentati nella figura 3.

La prima figura mostra che una percezione negativa dei colleghi (Low Percezione colleghi) aumenta l'effetto della domanda sulle azioni subite personalmente e, dunque, aumenta la frequenza di questi comportamenti quando la domanda assume i valori più elevati (p<.005). Quando, invece, la percezione legata al clima relazionale con i colleghi è positiva (High percezione dei colleghi), la relazione fra domanda e attacchi personali diminuisce ossia il clima sociale diminuisce l'impatto della domanda sui comportamenti negativi (p<.005).

Figura 1. Percezione dei colleghi come moderatore della relazione fra domanda e Personal Bullying (Low percezione dei colleghi = percezione negativa dei colleghi; High percezione dei colleghi = percezione positiva dei colleghi)

Dalle figure 2 e 3, è possibile notare, invece, come le rette relative ai due livelli della percezione dei colleghi abbiano pendenze molto più simili rispetto a quanto avviene per la domanda.

Figura 2. Percezione dei colleghi come moderatore della relazione fra Equità e Personal Bullying

Nel primo caso (fig.2), quando la percezione dei colleghi è negativa, un'alta equità determina una diminuzione della frequenza di attacchi personali (p<.05). Quando il clima sociale è positivo, le azioni vessatorie sono meno frequenti nel caso di una bassa equità, rispetto a quanto avviene per la percezione negativa dei colleghi, ma diminuiscono comunque quando vi è un maggior equilibrio tra investimento nel lavoro e gratificazione ricevuta (p<.05).

Se prendiamo in considerazione, infine, la leadership, la figura 3 mostra che, nel caso di una leadership funzionale, la comparsa di azioni vessatorie legate al ruolo lavorativo decrescono, sia nel caso di alta percezione che nel caso di bassa percezione dei colleghi, pur essendo lievemente inferiore nel caso di percezione dei colleghi positiva.

Conclusioni

Una prima considerazione, che va al di là della verifica delle ipotesi presentate, riguarda la frequenza delle azioni negative. Innanzitutto, le azioni vessatorie manifestate nelle organizzazioni possono assumere forme diverse e configurarsi sia come attacchi personali, sia come comportamenti legati al ruolo organizzativo, (e.g., Einarsen y Hoel, 2001). In particolare, considerando la distinzione fra Personal Bullying e Work related Bullying, i risultati mostrano una più alta frequenza di comportamenti negativi legati al ruolo e ai compiti e questo è in linea con altre ricerche condotte in Italia e in altri paesi europei (Depolo et al., 2008; Mikkelsen y Einarsen, 2001; Salin, 2005).

Nonostante il valore della frequenza di entrambe le forme di vessazione percepita siano relativamente basse in questa ricerca, occorre sottolineare che le azioni isolate di "piccola violenza" nel luogo di lavoro costituiscono la base potenziale per aggressioni più importanti creando un clima di tolleranza da parte dell'organizzazione. Quando si accetta, infatti, che comportamenti aggressivi siano possibili e probabili si è già creata una condizione per la messa in atto di ostilità più estreme (Andersson y Pearson, 1999).

Un secondo risultato rilevante riguarda le variabili di taglio organizzativo che sono associate ad una maggiore frequenza delle azioni negative. Lo stile di leadership e la domanda si sono rivelati come gli antecedenti organizzativi più in grado di predire la messa in atto sia di attacchi personali che legati al ruolo organizzativo.

In accordo con altre ricerche (Ashforth, 1994; Einarsen et al., 1994; Einarsen, Aasland y Skogstad, 2007), uno stile leadership poco funzionale che non favorisce una comunicazione aperta sui compiti e sugli sviluppi dell'organizzazione, che non consulta e non dà informazioni accurate ai dipendenti e non delega le responsabilità favorisce un luogo di lavoro con alti livelli di stress e conflitto interpersonale. Quando i fattori stressanti e i problemi interpersonali non vengono affrontati possono dare origine ad un'escalation che porta al mobbing. Questo implica che uno stile di leadership poco adeguato possa essere paragonato ad un superiore che esercita vessazioni (Einarsen, Hoel, Zapf y Cooper, 2003). L'assenza di una leadership, dove le decisioni vengono rimandate, i feedback e i premi sono assenti può, infatti, essere percepita come rifiuto, esclusione o percezione di essere ignorati che rappresentano alcuni degli aspetti centrali del mobbing (Einarsen y Hoel, 2001).

Per quanto riguarda la domanda, essa rappresenta una caratteristica del contesto lavorativo che è risultata come un forte predittore delle azioni negative percepite. Quando, infatti, le esigenze e il carico di lavoro sono eccessivi, la pressione esercitata sugli individui diventa per loro una fonte di disagio che genera conflitti interpersonali sia con i colleghi che con i superiori. Il dare voce al proprio malessere può essere associato ad una risposta punitiva da parte del superiore che, in alcuni casi, dà origine al processo di escalation del mobbing (Einarsen et al., 1994; Vartia, 1996).

Oltre a questi fattori, è stato esaminato in questa ricerca un terzo aspetto, ossia quello della percezione dei colleghi, studiata non come antecedente ma come un moderatore fra fattori organizzativi e mobbing.

All'interno della struttura sanitaria in cui è stata svolta questa indagine la percezione dei colleghi agisce da moderatore soprattutto sulle caratteristiche del contesto di lavoro, come la domanda, mentre sugli antecedenti come la leadership, che hanno in sé molti aspetti legati alle relazioni e alla gestione dei conflitti interpersonali, l'effetto di interazione è meno pronunciato.

I dati sembrano confermare che la prevenzione del mobbing può essere implementata a partire dall'ambiente psicosociale di lavoro (Depolo, 2003 et al.; Depolo et al., 2008) e dalla gestione dei conflitti interpersonali all'interno del contesto di lavoro.

Essere consapevoli che le azioni negative, da cui si può innescare il processo di mobbing, dipendono da un problema di gestione delle relazioni tra tutte le parti sociali in campo (management, colleghi e subordinati) è il primo presupposto per portare avanti strategie efficaci di prevenzione primaria senza attendere che compaiano chiari sintomi di disagio. A volte, infatti, la mancanza di un riconoscimento tempestivo delle azioni negative può essere sinonimo di una loro implicita legittimazione e questo ha come conseguenza una maggiore probabilità di comparsa del mobbing.

Prevenire il mobbing significa portare avanti interventi che tendono a contrastare l'esistenza degli antecedenti del fenomeno migliorando la qualità della vita lavorativa ed evitando l'emarginazione sociale.

Infine è necessario ricordare i limiti di questo studio, importanti per stabilire le condizioni di generalizzazione dei risultati. Il primo limite riguarda il carattere trasversale della ricerca: disegni di ricerca longitudinali sarebbero indispensabili per stabilire la direzione delle relazioni causali ipotizzate. Un secondo limite deriva dall'uso di un questionario self report per rilevare le azioni negative. Per identitificare il mobbing e i suoi antedecenti sarebbe necessario utilizzare misure diverse che permettano di integrare criteri oggettivi e soggettivi. Tali rilevazioni sono però di difficile realizzazione anche a causa delle resistenze delle organizzazioni riguardo il tema del mobbing.


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